Perché Romeo e Giulietta non è un modello di storia d’amore

Chi di voi, se pronuncio anche solo il titolo della più famosa tragedia di Shakespeare, non si fa venire gli occhi a cuore, ritenendola “la più grande storia d’amore mai raccontata”? Forse qualche minuto di fredda riflessione frenerebbe un p’ il vostro entusiasmo… Se ben ci pensate, Romeo e Giulietta è la storia di una cotta adolescenziale di proporzioni epiche, dalle conseguenze tragiche: come si fa spesso notare, durò tre giorni e finì con sei morti( Romeo, Giulietta, Mercuzio, Tebaldo, Paride, la madre di Romeo, morta di crepacuore per l’allontanamento del figlio).

Romeo e Giulietta sono appena ragazzini (lei non ha ancora compiuto quattordici anni, lui non ne ha più di sedici), eppure sfidano l’ira dei parenti e le convenzioni sociali per stare insieme, arrivano a darsi la morte per un amore che forse, esaurito l’entusiasmo del primo slancio, si sarebbe rivelato un errore madornale, lasciandoli con l’amaro in bocca. Ed è proprio per questo che Shakespeare dona loro questo finale tragico, che sublima la loro passione, sottraendola al degrado del tempo e delle difficoltà quotidiane; perché il loro amore fosse immortale, davvero immortale, non poteva concludersi con altro che la morte.